Che poi io il tempo l’avrei anche avuto. Giorni di influenza, qualche pomeriggio qua e là, alcuni weekend tranquilli. Però non so, mi sono un po’ perso via. È difficile stare dietro alle cose, in generale.
E quindi nada, nessun Ragnatele per un po’. E va beh, avevate quelli vecchi da leggervi no? La febbre di Ragnatele quando colpisce colpisce, lo so.
Comunque.
Non ci sentiamo dal numero post concerto milanese. In mezzo c’è stata un sacco di roba utilissima tipo…Sanremo. Meno male che non ci ho scritto niente.
Gennaio era stato veloce ma in compenso febbraio quest’anno mi è parso pachidermico.
Ho riflettuto su un po’ di cose, innanzitutto sul concetto di ciclicità.
Mi spiego meglio. Attorno a metà febbraio mi sono ritrovato a pensare con più intensità rispetto ai mesi precedenti ai soldi e soprattutto a cosa doverci fare con i soldi. Tipo «Ah ok devo sistemare gli iniettori della macchina, posso farlo tra tre settimane, oh ma come si è rotto anche il ferro da stiro ma che cazzo, oh no come gli iniettori di prima costano 450 euro? Ma allora non lo faccio». Cose di questo tipo, associate a diversi aspetti della vita.
Ebbene, mentre mi gingillavo senza troppa attenzione in questa piccola organizzazione al risparmio sono stato colto da un déjà-vu e ci ho messo un po’ a coglierlo.
In pratica mi sono ricordato che su un vecchio numero Ragnatele avevo già scritto su questi temi, argomentando una piccola impalcatura teorica sul loro posizionamento in una vita comune.
Quel numero si chiamava «Money, Get Away: piccola teoria sulla classe media».
Sono andato a ricercarlo e con mio discreto stupore ho scoperto che quel pezzo era stato scritto esattamente…il 19 febbraio di un anno fa! Cioè, capite? Wow!
Allora mi è partito il trip: e se ogni anno pur senza saperlo noi ci preoccupiamo delle stesse cose e riflettiamo attorno alle stesse tematiche negli stessi identici periodi?
Forse perché ogni periodo, con i suoi vari automatismi impliciti ed espliciti, ci conduce ad avere le stesse necessità come in uno spettro di onde sovrapponibili di anno in anno.
Le convenzioni sociali già prestabilite, come le vacanze e le festività, contengono uno schema di pensiero che ritorna sempre imprigionandoci di fatto in una stranissima circolarità riflessiva.
Così noi non ci facciamo caso ma un periodo in cui pensiamo di più ai soldi è sempre quello di febbraio, magari perché si arriva dalle feste invernali, in cui le spese sono state meno controllabili e ci hanno portato ad accumulare rogne economiche da gestire.
Mi domando allora quanti piccoli pensieri su di noi e sul mondo sono in realtà veicolati dal contesto, cioè da questa ruota di dodici mesi che gira e torna sempre al punto di partenza.
A pensarci bene, tutto questo è la cosa più banale del mondo. L’economia lo sa benissimo da sempre, la finanza pure, il marketing non ne parliamo. Dunque noi siamo in realtà consapevoli di questo cerchio infinito.
Eppure mi ha impressionato scoprire direttamente su di me, con questa coincidenza, la forza di questi pensieri instillati.
Fingiamo di pensare al tempo come una cosa progressiva ma sotto sotto lo pensiamo come una cosa ripetitiva e questa visione ci condiziona e probabilmente ci rassicura.
Chissà quanti pensieri che sto elaborando adesso in realtà non provengono da me, ma sono calati su di me.
Il nostro vagabondare cerebrale è in larga parte determinato, se non comandato, da una forza che si trova altrove.
Siamo piccoli criceti sulla ruota dell’anno solare.
Parafrasando Paolo Nori quando scrive «A me sembrava di parlare, ma ero parlato», a noi sembra di pensare, ma siamo pensati.
In chiusura, segnalo un’ultima cosetta.
Alcuni numeri fa avevo accennato ad un po’ di considerazioni riguardo alla sostenibilità dell’attività del musicista, in particolare chiedendomi quale possa essere il ruolo dello strumento dei micropagamenti sul web.
Quelle riflessioni sono diventate un articolo che ho scritto per Onda Rock.
Cade a fagiolazzo, perché in queste settimane ho visto la bella serie di Netflix sulla nascita di Spotify. Se l’argomento vi interessa datele una chance, è molto interessante.
Avrei altre cose da dire. Ma le dirò poi.
Ciao eh,
Brenny boy