Ieri mentre camminavo verso la mia auto ho avuto una piccola illuminazione. Quel momento in cui dici “Ma certo, ovvio”. Sta roba mi pare che abbia anche un nome preciso in psicologia, una parola inglese che non ricordo ma non importa. L’argomento in questione era la procrastinazione.
Dunque, sono una di quelle persone che tende ad accatastare le piccole rogne di una vita mediamente normale fino a ritrovarsi con mille piccoli sbattimenti da risolvere e nessuna possibilità di venirne a capo. Cose ordinarie, sistemare la spia della macchina che non sai cosa cavolo sia boh, mettere le viti alla maniglia che balla sempre, comprare le scarpe nuove, chiamare il dentista. La mia reazione base è sempre la stessa: poi lo faccio.
La procrastinazione di per sé, ho sempre pensato così alla buona, è un tema che sta dalle parti dell’ansia, il perfezionismo e quelle robe lì. La pressione di non fare le cose al meglio è talmente alta che viene difficile farle. Ok, una spiegazione esistenziale e interessante eccetera ma gira e rigira anche un po’ stantia. È ora di finirla con queste psicoelucubrazioni, che altro non sono che comode scorciatoie verso un autoassolvimento del tutto rassicurante per il semplice fatto che è inverificabile. Andiamo a trovare risposte reali per domande reali.
C’è una cosa ancora più specifica che accomuna la maggior parte dei problemi del mondo: i soldi. Qualunque cosa da iniziare o risolvere passa sempre attraverso il pensiero: ok ma quanto mi costa? Qualsiasi cosa, da comprare la brugola a fare il disco della vita a cambiare paese. Certo, anche il tempo è un fattore non da poco. Tuttavia è un falso elemento causale: con i soldi ti compri anche il tempo.
In sostanza, ho capito che uno dei motivi per cui in certi periodi della vita i miei problemi si sono accumulati come cose lucenti nella tana di una gazza ladra è che, alla luce di risorse monetarie limitate, ho sempre impostato il mio cervello in una perenne modalità di ricerca della massima convenienza logico-economica, creando sostanzialmente un paradosso dal quale è impossibile uscire.
Mi spiego meglio. Se hai tanti soldi, al subentrare nella vita di un problema lo risolvi senza pensarci, pagando il necessario corrispettivo. Quando ne hai pochi, è davvero da incosciente risolverlo subito: il problema immediatamente successivo potrebbe essere più importante e potrebbe necessitare di più soldi, che però nel mentre avresti già usato per problemi minori.
Così, vittima di questo loop inconscio, non ho mai sviluppato un istinto al risolvimento immediato, atteggiamento comunemente considerato sinonimo di giudizio ma che alla luce di questo ragionamento diventa l’emblema di una classe sociale agiata. Al contrario, i problemi da risolvere nella vita vengono riposti in una forma di archiviazione in attesa di selezionare i più importanti ai quali poter dedicare gli sforzi economici necessari. Anche nel momento in cui le risorse non sono poi così limitate (nella vita si va su e si va giù) questo retropensiero è così radicato che allontanarmi dalle magagne si rende uno sforzo complesso. La sola esistenza dei problemi da risolvere diventa una forma di risparmio, un cuscinetto psicologico per i giorni magri. Se mai un giorno mi ritrovassi senza un soldo, in qualche modo potrei pensare: meno male che quella volta non ho mai aggiustato la macchina, pensa come starei messo ora. Poco conta per questa impalcatura teorica l’ovvio inconveniente che, in teoria, nel momento in cui mi compiaccio di questo pensiero io probabilmente sono già arrivato al punto di non possedere nemmeno più una macchina, in quanto appunto rotta già da tempo. In sostanza, quindi, avrei fatto meglio ad aggiustarla a suo tempo.
E insomma, l’origine della procrastinazione risiede nell’appartenenza alla classe media, coloro che hanno soldi ma mai abbastanza per tutti gli inconvenienti di una vita comune. Il risultato è che ho un sacco di problemi, ma nella perenne attesa del prossimo, forse più importante, non ne risolvo mai nessuno.
Ora, ad esempio, seppur in tal caso non vi sia nessuna relazione economico-causale, questo pezzo non ha un vero finale, il che è per me problema. Lo aggiungo alla lista.