Era l’estate del 2006 e avevo 16 anni. Per la precisione era il 13 luglio. Riesco a datare così nitidamente questo episodio perché lo ricordo incastonato tra due grandi serate rock ’n roll: gli Stones a San Siro e gli Who in piazza a Locarno. Quella sera, pochi giorni dopo aver visto Mick, Keith e soci fare la loro cosa al Meazza (con tanto di detestabile invasione di palco di Materazzi e Del Piero freschi di vittoria ai mondiali), me ne stavo a vedere la TV in taverna.
Saranno state le 23 o mezzanotte e in casa, di sopra, erano tutti svegli perché c’erano ospiti. Mentre sedevo sul divano il mio telefono tutto tasti e pixel grossi come castagne si illuminò. Era una chiamata, numero sconosciuto. Ero troppo giovane perché qualche amico mi chiamasse per chiedermi di raggiungerlo in un locale e troppo vecchio per gli squilli preadolescenziali. Una chiamata a quell’ora proprio non aveva senso. Piuttosto perplesso, risposi.
- Pronto, chi è?
- Sei Edoardo?
Era una voce maschile, giovane, con la cadenza tipica dei tamarri delle periferie lombarde.
- Ma chi parla scusa?
- Dove sei ora?
- Come dove sono? Ma chi sei tu, cosa vuoi?
- Qui non ha importanza chi sono io, dimmi dove cazzo sei adesso.
Non risposi e riattaccai la chiamata, convinto che qualche amico mi stesse facendo uno scherzo che non faceva ridere nessuno.
Dopo pochissimi secondi di nuovo una chiamata, sempre numero sconosciuto. Dall’altra parte evidentemente non si demordeva. Non risposi nemmeno, la rifiutai. Ma nel momento in cui premetti il tasto di rifiuto, dallo schermo del telefono scomparve tutto, in uno strano disperato ultimo respiro digitale. Rimase per qualche secondo solo una luce senza pixel, ci furono dei bagliori a scatti e tutto si spense. Provai a riaccenderlo ma niente. Lo attaccai e riattaccai al caricatore ma nulla. Il telefono era morto. Ed era proprio come se quella chiamata lo avesse fatto morire. Non si rianimò mai più.
Pensai un sacco di possibili opzioni. Forse un virus. Forse degli hacker.
Ancora oggi non ho idea di cosa sia successo. Non ho capito cosa accadde al mio telefono e soprattutto non ho mai saputo chi fosse quella persona che mi aveva chiamato per nome.
Doveva esserci un disegno: il giorno seguente io e colui che in qualche anno si sarebbe fatto chiamare Elton Novara andammo al concerto degli Who.
Varie settimanali (molto autoriferite, era un po’ che non ne mettevo):
Una volta ho scritto una canzone di nome Halloween. Era carina ma non è mai uscita perché il ritornello mi inquietava un po’ e mi sono scoperto più superstizioso del previsto.
È uscito su Rolling Stone un articolo davvero molto interessante che parla della crisi dei musicisti di fascia media, abbracciando una visione macro, mondiale. Il pezzo si sofferma in particolare sui concerti ma la crisi è ampliabile. Messe tutte in fila queste informazioni lasciano effettivamente a bocca aperta ed è la panoramica di un trend che ha iniziato ad essere davvero visibile nel 2018. Personalmente è ormai da qualche anno che ragiono su questi temi ma è ora che si inizi a parlarne pubblicamente anche a costo di sembrare un po’ catastrofisti.
Ecco vado subito a smentire quanto detto poc’anzi, perché l’11 novembre succede una cosa grande. All’Arci Bellezza di Milano io, Mammaliturchi e Rosita facciamo un set super inedito in cui suoniamo insieme canzoni di tutti: sarà la Vetrodischi Ensamble, per la festa della nostra etichetta. E a seguire il concerto degli Aquarama. Ah e piccolo appunto: è la prima volta che salgo sul palco a fare pezzi miei da quasi tre anni. Mizzega.
Un po’ di tempo fa Indie Italia Magazine mi aveva fatto un’intervista. Io avevo girato le domande su Instagram a chiunque volesse dare un contributo. Ne è uscito questo pezzo di sano delirio collettivo.
Gli amici di Never Was Radio mi hanno fatto un’altra bella intervista radiofonica per alcuni podcast che hanno realizzato in occasione dei loro dieci anni di vita. La trovate qui insieme a tanti altri contributi.
Grazie a tutti voi che avete ascoltato o state ascoltando Buona Miseria. Grazie anche a chi non l’ha ascoltata va’, grazie a tutti insomma dannazione.
Per la miseria.
Tuoni e fulmini.
Buon we eh,
cià