Ci ho messo un po’ più del tempo che avrei voluto ma alla fine ce l’ho fatta.
Ogni Mai Più (Vol. 3) è fuori. Ѐ stato scritto, prodotto e suonato da me; mixato da Marco Olivi e me; masterizzato da Giovanni Versari.
Esce per Vetro Dischi e RC Waves.
La trilogia di Ogni Mai Più è finalmente completata. Questo ultimo volume è stato, direi, il più difficile da realizzare. La sua lavorazione mi ha gradualmente condotto alle riflessioni che ho già avuto modo di condividere sui social ma che riporto anche qui sotto. Mi è difficile formulare molte altre parole a riguardo.
Aggiungo solo che la scorsa settimana io e Andre ci siamo fatti un giro al parco Montanelli e abbiamo scattato delle foto di fronte alla stessa gabbia con il leone della copertina. Avevo scoperto che era rimasta praticamente identica nei decenni per puro caso l’anno scorso, girando per il parco. Dopo averle scattate lui ha detto la cosa più giusta su queste foto, ossia che rappresentano bene il mio modo di sentire questo disco: “Guardare qualcosa che non c’è più”.
Ogni Mai Più (Vol. 3) è l’ultima parte di una trilogia iniziata ormai quasi due anni fa.
Una piccola parte di voi lo ascolterà almeno una volta. Una parte nettamente minore lo ascolterà con attenzione e più volte. Qualcuno si riprometterà di farlo, magari lo farà tra molto tempo. La maggior parte di voi non lo ascolterà mai.
Ed è sensatissimo: nemmeno io lo farei. Non perché non sia bello (cavolo è bellissimo), non c’entrano forme di responsabilità o peggio di colpa. Il punto è che la musica, oggi, è un sottoprodotto nella voracità dell’infosfera come mille altri.
E la musica di qualcuno come me è la propagazione innanzitutto di una necessità personale. Una necessità che accomuna tanti di noi.
Perché mai qualcosa di così comune dovrebbe ambire ad una centralità?
In generale, chi pensa che la musica abbia ancora ruoli netti nella costruzione delle emozioni (o peggio ancora chi pretende che debba averne) non ha capito bene quello che sta succedendo.
Suppongo che un tempo un artista “indipendente” potesse ambire ad un piccolo orto. Oggi si deve accontentare di un vasetto, di plastica, sul davanzale della finestra.
Le canzoni di Brenneke e di più o meno qualunque altro artista sono gocce nell’oceano sconfinato di bit, piccolissime particelle di entropia.
Ma ehi, va bene così.
Ogni Mai Più (Vol. 3) termina un ciclo che ha senso solo per me, cominciato ben prima dell’opera triangolata in sé. Gli inizi di questo percorso risalgono circa al 2016, quando dopo un disco di nome Vademecum del Perfetto Me (nella sua timidezza ancora agguerrito), scelsi che avrei cercato di portare in una direzione più pragmatica questa cosa del fare il musicista.
Per varie ragioni non ci sono riuscito. Ma non me ne lamento.
Ho iniziato Ogni Mai Più come un progetto orientato al Noi, sperando di attirare stimoli al progetto stesso. Ma è andata all’opposto, è rimasto un semplice percorso autoriferito, che attorno a sé ha generato poco o niente.
È stato comunque bello. Io e i miei amici abbiamo suonato più volte dei bei concerti davanti a un bellissimo pubblico, curando spettacoli ragionati e facendo qualcosa di significativo insieme. Esiste qualcosa di più importante di questo?
Di Ogni Mai Più in quanto ‘opera’ rimane e rimarrà comunque il fatto che c’è. Non è una cosa da poco.
Quest’estate lo suonerò in giro pochissimo, se va bene appena un paio di volte. E non perché non voglia farlo, ma perché non ho trovato concerti.
Dopo questo disco sento che cambierà il mio modo di concepire l’essere musicista.
Non sto dicendo che queste saranno le ultime canzoni di Brenneke né l’ultima musica che farò.
Ma è finito qualcosa, ed è qualcosa di più rispetto a un disco, un progetto o un’idea. È finito uno stato mentale, è finita un’identità. È finita una stagione.
Non a caso, Ogni Mai Più (Vol. 3) è probabilmente l’ultima pubblicazione dell’etichetta che ho contribuito a creare diversi anni fa, Vetro Dischi. La sua storia non ha retto alle esigenze del tempo, ma io so che tutte le persone che ci hanno lavorato lo hanno fatto con passione e con spirito di comunità. Magari rinascerà in altra forma. Non me la sento di escluderlo.
Comunque vadano le cose io so solo che ci abbiamo provato. Fino alla fine.
Quanto a me, venite a cercarmi. Da qualche parte mi troverete.
A presto!
B.