Quando provo a raccontare un mio concerto mi sento sempre ridicolo. Anzi mi metto lì e inizio poi faccio proprio fatica a capire che bisogno ci sia. Ѐ abbastanza imbarazzante perché il risultato mi pare sempre così stereotipato.
Il concerto che abbiamo suonato sabato scorso al Gagarin di Busto però mi ha portato a riflessioni diverse dal solito.
Lo scorso dicembre ho compiuto dieci anni sul palco con questa strana creatura che si chiama Brenneke. Era il 5 dicembre 2013. Nel 2023 appena tre giorni prima di questo anniversario, mi sono sposato. Perché la vita è un po’ strana.
Ad ogni modo, questi dieci anni musicali sono stati pieni zeppi di cose che nessuno ha mai visto né sentito. Io, da musicista, da artista, cantautore o quel che volete, in dieci anni ho attraversato un sacco di correnti, generi, fasi. Una percentuale davvero irrisoria di esse ha visto la luce, tutte le altre andavano e venivano senza darmi il tempo né di registrare un disco di successo internazionale in qualche studio ricavato da un cottage nelle campagne inglesi, né di fare un tour mondiale con Nile Rodgers alla chitarra. Pensate che spreco.
Oltre a quei pochissimi percorsi mentali da cui sono riuscito a ricavare dei dischi e delle canzoni (che li cogliessero molto alla lontana), mi sono dedicato con costanza ai duri incontri con la realtà. I più implacabili. Ho portato la mia convinzione di essere un artista ovunque. In cantine, giardini, pub, chiostri, salotti, ristoranti, locali belli, bellissimi, locali orrendi, pericolosi, locali medi, enormi, locali piccolissimi. E davanti a pubblici svariati. Migliaia di persone, qualche decina di persone, singole unità. Zero. Giovani, meno giovani, bambini, anziani, famiglie, animali, oggetti. In un sacco di formazioni, da solo, a due, a tre, a quattro, a cinque.
Ho suonato tante volte davanti a pochissime persone ma era come se fossero mille, a volte davanti a tante persone che erano come nessuno. In alcune circostanze ho suonato davanti a un pubblico numeroso interamente giunto per me. Ogni volta, in quei casi, mi sono chiesto: ma che ci fate qui? No sul serio, perché ci venite a sentirmi?
Sabato sera mi sono sentito un po’ come se avessi fatto tutto questo, di soundcheck in soundcheck, di casello in casello, di scala in scala, superando le correnti gravitazionali, solo per essere lì quella sera.
E mentre ero lì, suonando davanti al Circolo Gagarin più imballato che abbia mai visto, con alcuni dei singalong più belli che abbia mai ascoltato, ho avuto seriamente l’impressione, più di altre volte, che Brenneke fosse realmente importante per qualcuno. Ed è una sensazione…un po’ strana. Risulta piuttosto bizzarro fare una cosa e accorgersi che attorno a quella cosa si muovono delle danze sociali che tu non controlli. Io ai miei concerti, a quelli di quel tipo lì, vedo persone che non vedevo da anni. Vedo persone rivedere altre persone che non vedevano da anni. Stavolta, giuro, ho visto anche qualcuno piangere. Non è che ho voglia di farmi figo, è andata realmente così.
È un momento in cui percepisco una predisposizione collettiva a fare il punto, non tanto perché ci sono le mie canzoni, quanto perché quell’atmosfera lì è diventata una questione quasi famigliare.
Un po’, insomma, sabato scorso ho capito meglio il valore di questa roba che faccio: è importante perché è qualcosa che torna.
Che ha un senso non solo per me stesso. Effetto collaterale che non avevo del tutto calcolato.
Le mie canzoni all’inizio parlavano soprattutto di identità e di come cambia a seconda dei contesti. Da un po’ parlano perlopiù (credo) dello scarto che esiste tra immaginazione e realtà. Nel mio pantheon di personaggi reali e figurati, l’immaginazione è sempre un luogo imbattibile dove stare.
Stavolta ho avuto una percezione del tutto imprevista, ossia che la realtà sorprendesse di soppiatto l’immaginazione e la superasse in stupore, una prospettiva tanto filosoficamente incomprensibile quanto fattualmente improbabile.
In pratica l’opposto speculare del déjà vu, non una cosa che mi coglie improvvisamente di sorpresa perché non è mai avvenuta ma una cosa che mi sorprende perché sta effettivamente avvenendo.
D’ora in poi penserò ai concerti di Brenneke come a dei déjà vu al contrario.