L’estate al dettaglio
Altro che vita immaginata. Le ultime quattro settimane sono state senza dubbio di vita vissuta, il che in tempi come questi non è così scontato.
La mia estate italocroatoslovena mi ha lasciato con un sacco di istantanee in testa, mi limiterò a segnalare alcuni input, immaginateli ciascuno introdotto da un rumore simile a quello del flash della fotocamere dell’ottocento.
A Trieste io e Carlotta alloggiavamo in un albergo che dava esattamente su piazzale Oberdan, ovvero in punto esatto in cui nel 1882 fu giustiziato Guglielmo Oberdan. Gli spazi sono diversi da allora, cortili che esistevano adesso fanno parte del manto stradale e alcuni degli edifici che sorgevano sono diventati tutt’altro a suon di integrazioni urbanistiche. Ciononostante quell’incrocio largo e pieno di traffico ha mantenuto qualcosa di sospeso e di antico. In camera nostra c’era una scrivania rivolta verso la piazza, che sembrava perfetta per un cronista ottocentesco immerso nell’irredentismo triestino impegnato a descrivere con inchiostro e calamaio gli ultimi momenti di Guglielmo imprigionato dalle truppe austriache, magari canticchiando sommessamente una prima e scarna versione dell’Inno a Oberdan.
Sempre a Trieste il primo giorno siamo passati per una via che mi ricordava moltissimo alcune piccole perpendicolari di O’ Connell Street di Dublino. Poco dopo ho scoperto che proprio in quella via prese casa James Joyce nel suo periodo triestino, appena di fianco alla libreria che fu di Umberto Saba. Mi ha fatto sorridere, come se Joyce nel poter scegliere dove stare avesse istintivamente scelto un luogo che gli ricordasse la sua città natale.
Non sapevo che i triestini fossero così simpatici così come non sapevo che atmosfera ci fosse in un ex campo di concentramento prima di aver messo piede nella Risiera di San Sabba. Non sapevo che in Istria ci fosse molto tartufo e non sapevo che in Slovenia i cervi girassero in pianura senza timori.
Abbiamo scoperto giust’appunto che la Slovenia è un luogo perfetto, nel casino di mondo odierno, per una vita a misura di persona. Io sinceramente non ne avevo idea. Ma ora dico: andate a vedere la Slovenia. Lubiana, in particolare, è una città che ci ha dato l’impressione di essere una specie di conduttore di energie positive. Un po’ di progressismo nord europeo, una bassa densità demografica, una bassa età media, una democrazia recente. Lubiana non sembra impantanata nelle sabbie mobili dei lontani passati che paiono influenzare la maggior parte degli altri luoghi europei. Sembra un posto in cui ogni idea è potenzialmente una nuova idea. E ogni nuova idea è potenzialmente una buona idea. Se avessi 18 anni andrei a Lubiana. Ma l’ho detto anche di Barcellona qualche mese fa. Forse se avessi 18 anni andrei ovunque.
A proposito, ho avuto un momento molto da diciottenne: stranamente all’inizio di agosto ho scoperto i Depeche Mode. Prima di oggi avevo sempre avuto un pregiudizio nei loro confronti. Ero abbastanza istruito sul loro periodo più canonicamente rock, ma avevo sempre connesso il decennio più puramente synth pop con un certo tipo di milanesità decadente da club sui navigli che me lo rendeva antipatico, non so spiegarlo bene. Non saprei dire come ci sono arrivato ma finalmente li ho capiti. Sono ossessionato da Policy Of Truth e non capisco perché. A dire il vero questo ha aperto tutto uno spiraglio sul synth pop in generale, un mondo che a parte eccezioni ho spesso e volentieri rigettato al mittente. E invece.
Nel corso dell’estate ho notato che il grande classico di questo agosto sono state le carrellate di foto su Instagram con i dettagli sfigo/poetici e testi enigmatici. Un fenomeno che ha preso curiosamente piede. Carrellata tipo con: una foto con una ammaccatura del guardrail e un pezzo di tramonto, uno zoom del ginocchio scottato, una foto sfocata con i sacchetti della spesa di un market greco, la foto di un fiore reciso a seccare sull’asfalto, un secchiello di qualche bambino perso sulla spiaggia, un paguro, un libro di Moravia sull’asciugamano, cibi assortiti buoni su una tovaglia brutta, un sandalo rotto eccetera. Che sbatti, ci siamo tutti trasformati in Sorrentino. L’estate non è più un periodo da vivere, è un periodo da consumare. Somiglia sempre di più ad un oggetto comprato online o ordinato in negozio, di quelli che poi riposti dai profili social taggando il marchio. Dopo il food porn, ecco il summer porn.
In vista del settembre che sta iniziando, quest’anno ho detto di sì a tutto. Ogni cosa che mi hanno proposto. Ti va di tenere questi corsi? Ok. Ti va di scrivere per questi progetti? Ok. Ti va di suonare in questa situazione? Ok. Ti va di candidarti con Calenda? Ok.
Ma ecco, sentite qua. Croazia, Rovigno, questo colorato borgo sul mare. Vacanza iniziata da poco. Una sera mentre tornavamo all’appartamento in mezzo al centro storico Carlotta ha notato da lontano una piccola piazza dentro la quale qualcuno stava suonando. Siamo andati a dare un’occhiata. Abbiamo preso posto nella piazzetta e c’era un piccolo pubblico seduto sui gradini che ascoltava questo fisarmonicista e questo chitarrista classico. In quel momento stavano suonando una versione molto gitano-francese di Autumn Leaves. Hanno finito di lì a breve e il fisarmonicista, che sembrava il leader del duo, è venuto poi a sedersi in mezzo alle persone a bere qualcosa, poco distante da noi. Una coppia di signori inglesi molto simpatici ha iniziato a parlare con lui; raccontava loro di lavorare a Rovigno sei mesi all’anno mentre gli altri sei mesi li passava in Belgio. Ho pensato che era interessante come stile di vita, suonare in luoghi diversi a seconda delle stagioni, come i maestri di sci che in estate insegnano windsurf. Ai piedi aveva delle scarpe piuttosto eccentriche e ci teneva a spiegare ai suoi nuovi amici inglesi che le aveva fatte o decorate lui.
La mattina dopo abbiamo fatto una passeggiata in una via della città che si apre sull’immensità del mare. Camminando senza meta ho notato un negozio che aveva un’aria interessante. Mi ci sono avvicinato, vendeva stivaletti perlopiù in stile americano leggermente alti, tutti decorati in modo diverso, con brillantini, teschi, diamanti, stampe su cuoio, c’era veramente di tutto. Dietro al bancone stava un uomo, l’ho guardato ed era il fisarmonicista.
A quel punto volevo saperne di più. Sono entrato e mi sono per un breve attimo finto interessato nelle scarpe, quando in realtà il mio interesse era tutto per lui: «Ehi ma tu sei il musicista di ieri sera», «Sì esatto!», «Quindi tu sei un musicista ma hai anche questo bel negozio». Lui mi ha sorriso confidenzialmente come se mi conoscesse, perché in effetti uno così conosce tutti, e ha detto qualcosa del tipo: «Life is so many things all together».