Quanto tempo ci vuole secondo voi per scrivere una newsletter? Sette mesi?
Talvolta sì. È un mestiere solo per i più temerari, infatti io lo pratico con grande moderazione.
Ma ora eccomi qui, in tutta la mia inconcretezza. Non è neanche una vera parola, il correttore la segna in rosso.
Dunque. Prima di tutto voglio chiedere SCUSA ad alcuni di voi. Ammetto che occasionalmente nell’ultimo paio d’anni potrebbe essermi scivolato il dito sul tasto “aggiungi mail” più di quanto il bon ton del newslettering prevederebbe. Se siete qui non del tutto di vostra spontanea iniziativa e la cosa non vi aggrada disiscrivetevi (e odiatemi, aborritemi, danneggiatemi!) o segnalatemelo che lo faccio io. Purtroppo non so risalire ai corretti indirizzi nel marasma delle mail, ho una confusione in testa che non vi dico. Se invece volete rimanere perché nonostante tutto questo pazzo pazzo spazio si è preso un piccolo pezzo del vostro cuore, io ne sarò parecchio felice.
Alcune cose belle, non male e non belle dagli ultimi mesi.
Prima di tutto l’ufficializzazione di un progetto nuovo, LETMECHANGE. Si tratta dell’ultimo tassello (dopo Brenneke e il progetto garage-blues Charbon De Bois, di cui non ricordo bene nemmeno io) della triade ideale nella mia testa musicale.
LETMECHANGE è un laboratorio di suoni in libertà totale, che parte da una specie di indietronica strumentale, poi si vedrà che succede. Da un certo punto di vista è semplicemente Brenneke ma senza la voce, finalmente.
In questo link c’è primo pezzo che uscì in semi-segreto, ma è soprattutto quest’altro pezzo di nome Donald Trump ad avermi convinto a uscire davvero:
L’avevo iniziata all’epoca della prima campagna elettorale di Donald, anno del signore 2016. Poi mollata lì (come molte cose che faccio) e recuperata da poco. All’epoca pensavo, dai la butterò fuori mentre è presidente. Mai fatto. Poi pensavo, va beh la butterò fuori in futuro per ricordare quando era presidente, mica tornerà presidente. Eh.
Nonostante sia un pezzo strumentale ha un tema, ossia il muro trumpiano al confine con il Messico annunciato in quegli anni là. Mi pareva una tematica davvero oscuramente lontana per la storia del mondo, mi sbagliavo su tutto tutto quanto porco cane.
Di recente Pep ci ha suonato sopra delle batterie spaziali. Due microfoni e via.
Mi piace molto tutto, tranne il fatto che purtroppo il pezzo è tristemente attuale.
Dopo l’uscita di Ogni Mai Più (Vol. 3) ho fatto alcuni bei concerti.
In estate ho ri-suonato a Woodoo dopo vari anni e dopo un progetto narrativo che curai per il festival varie edizioni fa. Ho fatto un set acustico e ne sono uscite buone versioni di alcuni pezzi, tipo questa, alla sua prima assoluta.
Soprattutto, io Pep e Dani abbiamo fatto un bellissimo concerto a Varese dopo tanto tempo. Abbiamo suonato tutto il disco nuovo e spero che nel corso del prossimo anno possa ri-succedere, perché queste canzoni sto iniziando a capirle giusto adesso.
Paolo. Da quando Paolo se n’è andato, faccio fatica ad ascoltare la sua musica meravigliosa e addirittura a pensare a lui. Io a Paolo gli volevo bene, anche se non lo avevo mai incontrato. O meglio, lui non ha mai incontrato me, ma io lui sì, nelle sue canzoni. Negli ultimi due anni tanta era stata l’importanza che avevo riversato nelle sue bellissime architetture sonore e liriche e nel suo modo incrollabile di vivere la vita e l’arte. Era davvero diventato un mio punto di riferimento. Sono solo felice di averlo potuto vedere dal vivo almeno una volta, in quello che è stato uno dei suoi ultimissimi concerti. Suppongo che la cosa giusta da fare sia raccogliere tutto quello che ha lasciato e portarlo avanti. Fare sì che rimanga un punto di riferimento.
Sapete, fare i dischi, canzoni e musica, è una roba lunga lunghissima, con tantissime fasi in cui uno lavora e lavora ma non fa ascoltare niente a nessuno per un sacco di tempo. Ho capito che non mi piace tutto questo spazio vuoto. Ho pensato dunque che sarebbe bello mettere qui ogni tanto alcune bozze che ho in giro, che potrebbero diventare canzoni o musica o non diventare mai niente.
Questa demo si chiama ‘Seagulls in Padua Street’, è la prima cosa che ho registrato nel nuovo studio che ho messo su con i miei soci gabbiani (Il Gabbiano Studio, in realtà è semplicemente lo studio vecchio ma con un nuovo nome). Sembra una roba degli Offlaga Disco Pax, ma senza Reggio Emilia e il PCI.
In questi mesi ho visto Speak No Evil, quello originale danese.
Spaventoso, allucinante, micidiale, mi ha turbato per sempre. Guardatelo ma non guardatelo.
Dio è la RAI dell’umanità.
Il 28 febbraio suonerò in acustico al circolo Arci l’Impegno di Milano. L’ultima volta che ci suonai era gennaio 2017, credo. Quella sera c’era l’esame finale del corso di fonici dell’associazione. Al mixer c’erano tipo nove fonici che si alternavano, fu un caravanserraglio memorabile.
Fatevi un favore: fatevi un favore.
E basta, ho finito. Ciao!
B.