Quando scrivo una canzone spesso ci metto un sacco di anni.
Con La Vita Immaginata non ho fatto eccezioni.
La lavorai nel mio solito modo, un po’ oggi, un po’ domani e un po’ tra sette mesi.
È un modo di procedere molto farraginoso ma mi permette di approcciarmi alle canzoni ogni volta come se fossero quasi nuove, perché tra un’immersione e l’altra ho fatto in tempo praticamente a dimenticarle. Non penso di mantenere questo approccio solo per una forma di ossessività e perfezionismo, attendendo cioè il momento in cui sento di essermi avvicinato al massimo possibile. Più che altro è che mi piace farlo, mi piace avere un insieme di musica su cui poter andare sempre a lavorare senza scadenze. Anche per anni e anni. Poi tra queste canzoni casuali ne scelgo alcune da approfondire.
A partire dall’immagine della casa abbandonata, il testo di La Vita Immaginata si articolò su un po’ di suggestioni diverse ma con una sensazione centrale: la percezione di sentirmi un elemento marginale della Storia. Era qualcosa che mi sembrava essere largamente condiviso da diverse persone che conoscevo.
Il senso di frustrazione per essere nati e cresciuti nell’era dell’automazione senza essere automatici, nell’era in cui ogni buona idea era stata la grande idea di qualcun altro. Temi non nuovi, che avevo già toccato in passato. Ma che stavolta mi prendevano con più coinvolgimento, quasi con rabbia.
Probabilmente se non fosse arrivata la pandemia il pezzo sarebbe già potuto uscire almeno un paio di anni fa. Ma in realtà la presenza stessa della crisi mondiale ha dato alla canzone un nuovo punto di vista. La decentralità dalla Storia, quel senso di smarrimento condiviso, pareva dopo gli ultimi due anni ancora più a fuoco. L’elemento più curioso del pezzo, dunque, era che non invecchiava. Casomai cresceva. Di solito le canzoni invecchiano molto velocemente, specialmente di questi tempi.
Invece le sue parole si sono fatte a distanza di tempo ancora più evocative, hanno assunto un sottotesto passivo aggressivo che deve essere sopraffatto, esorcizzato dalla canzone stessa, soprattutto dalla sua virata salvifica finale.
Ho registrato tutte le chitarre del pezzo durante il primo lockdown. Le tastiere erano su per giù finite, così come il grosso della ritmica. Dopo una demo piuttosto approssimativa, le linee vocali le ho riregistrate tutte nello studio di Vetro Dischi all’inizio della scorsa estate. Nel corso dell’anno, non so bene quando, ho aggiunto un po’ di percussioni varie e altri suonini realizzati con tastiere giocattolo che avevo in giro.
Poi mi sono perso via per mesi a fare e rifare il mix per capire come dovesse suonare il pezzo ma mi sono un po’ ingarbugliato in questa fase. La svolta vera è arrivata dopo, quando ho conosciuto Marco Olivi.
Non solo Marco ha montato in versione definitiva il mio lavoro, facendolo passare dall’essere un’idea ad un atto compiuto, ma mi ha proprio iniziato ad una filosofia di vita da studio. Una volta mi ha detto “Devi imparare a prendere delle decisioni”: una frase che dovrei farmi tatuare sul collo. Questo mix è incredibile, ci sono dei bassi stupendi ed è un viaggio che mi conduce da Peter Gabriel fino alla Anticon californiana. Il master del pezzo è stato fatto da Giovanni Versari.
Nella prima parte c’è un piccolo dialogo catturato casualmente tra me e Dani, che era venuto a trovarmi in studio.
Per l’immagine della copertina ho scelto la fotografia di un autobus in fiamme nel pieno centro di Roma nel 2018, pressapoco il periodo in cui scrivevo il pezzo. Questa foto ha qualcosa di sinistro ma anche di bizzarro e richiama didascalicamente il primo verso del pezzo.
Mi è venuto poi spontaneo farmi fare delle nuove foto proprio di fronte alla casa diroccata da dove ha avuto inizio questa nuova fase. Ci sono andato con Andre mentre era qui temporaneamente dalla Norvegia; mi ha fatto questi scatti bellissimi fuori dal tempo. Nei miei piani doveva esserci molto sole, in realtà quel giorno il cielo non era granché ma l’atmosfera era quella giusta. C’era la sensazione che tutto fosse fermo.
La Vita Immaginata è appena uscita, come sempre per la famiglia Vetro Dischi.
È bello tornare.
A presto.
Brenneke